Meet the Foxes – Gianluca Puzzo

Oggi conosciamo Gianluca the Big Man, anche noto come il Taglialegna, il Manager della nostra prima squadra, che ci racconta di sè e del suo percorso nei Red Foxes.

Nome e Cognome:
Gianluca Puzzo
#: 29
Luogo e data di nascita:
Roma, 24/7/1974
Walk On Music:
Eroe nel vento (Litfiba)

Le variabili tattiche, l’eleganza “antica” di alcuni gesti, come la battuta, e il rumore pieno, inconfondibile di uno strike nel guanto del ricevitore.

Siamo intorno alla metà degli anni Ottanta. Un mio amico fraterno che ha militato anche nei Red Foxes, Fabrizio Menichetti, iniziò a giocare nei Lupi Roma, a Piazza Mancini; andai a vedere qualche sua partita, mi fece provare guantone e mazza, e l’anno dopo mi iscrissi anch’io. Abbiamo giocato insieme per sei/sette anni, poi siamo passati entrambi alla pallavolo (non mi ricordo più perché), finché non l’ho trascinato nei Red Foxes qualche anno fa. Tornare a giocare insieme, a distanza di così tanto tempo, è stata davvero una bella emozione, un cerchio che si è chiuso.

Scrivendo la Garzantina dello Sport, avevo avuto l’occasione di conoscere di persona Giulio Glorioso. Un giorno gli chiesi dove avrei potuto giocare di nuovo a Roma, a 35 anni, e lui mi disse: “Lascia perdere la serie C, ti fanno passare la voglia di giocare. Ma cerca nell’amatoriale, credo stia nascendo qualcosa”. Mi misi a cercare su internet, parlai con Davide e una settimana dopo ero al campo di Rebibbia, per quello che credo fosse il secondo o terzo allenamento della storia dei Red Foxes. Prima aiutai un compagno a tagliare l’erba, poi Stefano mi ruppe quasi una mano con una delle sue cannonate dalla terza alla prima e infine finimmo per dover separare due compagni che quasi facevano a pugni (Enrique e Dimitri): e quello era solo l’inizio!

Andrea Giani, recordman di presenze (474) nella nazionale italiana di pallavolo. Non è solo questione di forza, di tecnica, di talento, di straripante atletismo: quello che si è visto per 15 anni nei palazzetti era solo la punta dell’iceberg. Ho avuto il privilegio di conoscerlo, di osservarne i comportamenti per settimane tra ritiri, allenamenti e partite, di parlare con lui delle (tantissime) vittorie e delle (poche ma dolorosissime) sconfitte, di imparare da lui il valore del senso di squadra, del sacrificio, della dedizione necessaria per arrivare e restare al top, dell’amore per lo sport. Per questo dico Andrea Giani. Giani era quello capace di giocare con dita e costole fratturate, con ginocchia gonfie come meloni; di stare in panchina da capitano senza fiatare e poi entrare e giocare pochi punti alla morte; era quello costretto a ore di fisioterapia mentre gli altri riposavano; Giani era quello capace di cambiare tre ruoli nella sua carriera, per essere sempre pronto, per essere sempre utile. E giocando divinamente ovunque.

Una perfect season. Essere parte di una squadra così forte, così coesa, da infilare solo vittorie per un anno intero.